La radice
teologica del Consiglio pastorale può essere ricercata e trovata
nella ecclesiologia del concilio Vaticano II (cf LG 33, PO 9, AA 2).
In quel contesto prende forma anche la figura della diocesi e della
parrocchia. In realtà il sorgere del Consiglio pastorale in una
diocesi o in una parrocchia costituisce un passaggio che delinea
l’identità storica, il volto concreto della comunità stessa e
l’inizio di una pastorale condivisa, pensata e coordinata anche da
parte dei laici.
Il Codice
di Diritto canonico del 1983, considerato come l’ultimo dei grandi
testi post-conciliari, così si esprime: “Se risulta opportuno a
giudizio del vescovo diocesano, dopo aver sentito il Consiglio
presbiteriale, in ogni parrocchia venga costituito il Consiglio
pastorale, che è presieduto dal parroco nel quale i fedeli, insieme
con coloro che partecipano alla cura pastorale della parrocchia in
forza del proprio ufficio, prestano il loro aiuto nel promuovere
l’attività pastorale” (can 536). Il testo è scarno; dice forse
la difficoltà di indicazioni più precise, lasciando poi
all’esperienza e alle situazioni locali il compito di precisare
ulteriormente il tutto.
Negli anni
del post-concilio l’attenzione s’è concentrata sull’aspetto
dottrinale delle affermazioni conciliari, con l’intento di
acquisire e di diffondere la nuova impostazione teologica circa il
modo di pensare la Chiesa e la sua vita. Ora quella ecclesiologica
sembra essere arrivata a modificare la struttura stessa della
comunità cristiana, le dinamiche della pastorale a tutti i livelli.
La nascita del Consiglio pastorale costituisce il primo passo sulla
strada di un adeguamento della struttura alle affermazioni dottrinali
del concilio. A questo si deve aggiungere la spinta che è venuta –
e continua a venire – dai progetti pastorali che la Conferenza
episcopale italiana da alcuni anni va proponendo alle Chiese
particolari: Evangelizzazione e Sacramenti (anni ’70), Comunione e
comunità (anni ‘80), Evangelizzazione e testimonianza della carità
(anni ’90). Sono orientamenti che chiedono di essere ripresi e
concretizzati dalle singole realtà ecclesiali, con un lavoro di
mediazione culturale e operativa che non può più coinvolgere solo i
pastori.
La nascita
di un Consiglio pastorale non è – proprio per questo – una cosa
semplice, non si tratta di mettere in piedi una struttura. Esige e
provoca un cambiamento di prospettiva nel pensare la parrocchia e la
pastorale. Per questo è necessario chiarire alcuni punti.
Catechesi
a tutta la comunità
Prima di
tutto è necessario rendersi conto che il Consiglio pastorale
costituisce una grande novità nella storia della nostre Chiese
particolari. Una novità che non consiste tanto nella struttura di
questo organismo, quanto piuttosto nei suoi presupposti
ecclesiologici. Le sue radici infatti sono nell’immagine di Chiesa
come è stata delineata dal concilio Vaticano II e maturata, in
questi anni del dopo-concilio con i piani pastorali diocesani. La
parrocchia è la Chiesa santa di Dio che vive in mezzo alle case dei
suo figli e delle sue figlie; è una comunità di fede, strumento
nelle mani di Dio per la salvezza degli uomini che vivono nello
stesso territorio.
La prima
cosa necessaria, volendo costituire il Consiglio pastorale è una
buona catechesi a tutta la comunità per comprendere la propria
identità, il proprio volto.
I criteri della rappresentatività
Il fatto che la parrocchia sia una comunità di
fede, dice che le persone che possono essere chiamate a far parte del
Consiglio pastorale devono essere persone di fede e di buona
appartenenza alla comunità
Questo è il criterio di partenza; tutti gli
altri criteri (che siano rappresentate tutte le zone e le categorie
della parrocchia) vengono dopo, come specificazione. Non ha senso
usare altri criteri, altrimenti si confonde il consiglio di una
parrocchia con il consiglio comunale o sindacaie o di quartiere.
Fatto salvo come questo criterio, le modalità
per la designazione e la elezione dei candidati può essere diversa
(e alcune cose sono ormai acquisite da una buona esperienza di molte
parrocchie).
La rappresentanza è un criterio importante: gli
eletti infatti rappresentano una parte della comunità. Questa
rappresentanza però, in una comunità di cristiani, non può essere
intesa alla maniera sindacale o politica. Non si tratta di difendere
i diritti di qualcuno, di rivendicare qualcosa, di portare avanti le
istanze di qualche gruppo. Rappresentare qualcuno in Consiglio
pastorale significa portare il contributo dei singoli, per la ricerca
del bene di tutta la comunità; significa assumere, tutti, l’ottica
della comunità che è il vero soggetto della pastorale; significa
poi aiutare la parte rappresentata a sintonizzarsi nell’ottica e
sulla vita della comunità intera, in modo da superare gli isolamenti
e gli individualismi. Si tratta di una rappresentatività ecclesiale.
Questo criterio aiuta anche a comprendere bene
quel potere consultivo e non deliberativo che il Codice attribuisce
al Consiglio pastorale. Alla base non c’è un problema di
competenze nel decidere e nel comandare; c’è piuttosto la
consapevolezza della necessità che solo dal “consulere” di tutta
la comunità possono nascere le decisioni più giuste. Tutti sono
chiamati a dare il proprio apporto al cammino che la comunità è
chiamata a fare.
Un minimo di struttura
E’ bene anche che il Consiglio pastorale
parrocchiale, una volta formato, sia fatto conoscere, con le dovute
modalità per sottonilearne l’importanza, a tutta la comunità. E’
bene anche che esso nella prima riunione, si dia un minimo di
struttura. La struttura infatti serve a non lasciare tutto alla buona
volontà o all’arbitrio. Si tratta di prevedere gli incarichi (il
parroco è presidente, un laico può essere vice-presidente), le
competenze, le scadenze, il rapporto con altre realtà e organismi
presenti nella parrocchia e nel territorio.
In alcune parrocchie il Consiglio si articola
anche con delle commissioni. Sembra che la cosa possa essere utile,
purchè non impedisca che tutti i membri del consiglio vengano a
conoscenza dei problemi anche particolari. Le commissioni potrebbero
essere occasionali.
Gli argomenti da trattare
Ma quali argomenti potrà e dovrà trattare il
Consiglio pastorale parrocchiale? Tutti quelli che riguardano la vita
della comunità cristiana: la catechesi, la liturgia, la formazione,
le attività. Il tutto dentro a un progetto pastorale, che
costituisce il cammino reale della parrocchia in un anno. Si può
dire, anzi, che il compito primario del Consiglio è quello di
approntare, all’inizio dell’anno pastorale (settembre), il piano
pastorale per la comunità, in sintonia con il vicariato e la
diocesi, e poi accompagnarlo nella realizzazione. E’ importante che
i membri del Consiglio pastorale assumano sempre l’ottica globale
della comunità: solo così anche i singoli problemi trovano la
giusta collocazione e il criterio per essere affrontati.
Tra gli argomenti o problemi da affrontare ci
sono anche i problemi che potremmo definire laici: sono i problemi
della gente, del paese, le iniziative da fare. Anche in questi casi
il Consiglio pastorale non può dimenticare di essere espressione di
una comunità di fede. Può succedere che ci si lascia prendere la
mano dagli elementi organizzativi, o economici e di altro genere; può
subentrare la tentazione di gestire il tutto come un’azienda. In
realtà l’ottica giusta è quella pastorale, cioè l’ottica della
fede e della missione della Chiesa.
Anche quando dovrà affrontare problemi di
carattere sociale e/o politico, il Consiglio pastorale dovrà
assumere l’ottica e lo stile pastorale: non è un consiglio
comunale o di quartiere, L’aver dimenticato o disatteso questo ha
sempre comportato confusione e disagi.
Il rapporto con i gruppi associativi
Delle difficoltà nascono talvolta nel rapporto
tra il Consiglio pastorale parrochiale e i gruppi associativi.
Succede infatti che il Consiglio sia pensato e organizzato come un
gruppo di formazione; allora prevede e organizza incontri di
spiritualità, di teologia, di cultura. Viene così ad essere
impoverita la vitalità delle associazioni e questo, nel breve
volgere di tempo, si riduce a impoverimento della comunità stessa.
In realtà il compito della formazione alla vita
cristiana ed ecclesiale spetta alle associazioni (ad esempio,
dell’Azione cattolica); e sarà questa formazione che potrà
garantire la possibilità di un servizio serio e competente nel
Consiglio. Se i membri del Consiglio pastorale hanno necessità di
formazione di fondo, la soluzione non si pone nel segno della
alternativa ai gruppi associativi e al loro lavoro della
valorizzazione dei gruppi, perchè sia poi garantito un servizio
pastorale.
Il rapporto con il Consiglio per agli affari economici
Lo stesso codice di Diritto canonico prevede
anche la costituazione in ogni parrocchia del consiglio per gli
affari economici (cf can537);si tratta di un organismo diverso dal
consiglio pastorale,di dimensioni più ristrette (5 o 7 persone), con
finalità esclusivamente economiche. Tuttavia, per la natura e le
finalità della comunità cristriana, sarà bene prevedere dei
rapporti istituzionali tra i due organismi, in modo che anche
l’economia, in una parrocchia, sia finalizzata alla pastorale.
Un profondo rinnovamento della mentalità ecclesiale
Dar vita ai consigli pastorali parrocchiali non
è una cosa di poco conto. Non dovremo affrontare questo tema con
fretta: anzi.
L’esperienza sta dicendo che la costituzione
del Consiglio pastorale parrocchiale è la strada che permette in
movimento un profondo rinnovamento della mentalità ecclesiale, dello
stile della pastorale, sia nei preti come nei laici. E’ per questo
che la strada imboccata, pur con le comprensibili difficoltà e
resistenze, sembra essere la strada giusta, la strada del futuro, per
fare di ogni comunità particolare una Chiesa sinodale per la nuova
evangelizzazione.
Paolo Doni
Direttore
Ufficio di coordinamento pastorale
di Padova
STATUTO TIPO
Art. 1 - Costituzione e natura
E’ costituito nella parrocchia di
……………………………………………………...il
Consiglio pastorale parrocchiale a norma del Codice di Diritto
canonico (ca. 536).
Esso si pone nella comunità parrocchiale come
segno di comunione e strumento di crescita alla luce della Fede,
della Speranza e della Carità.
Il Consiglio pastorale parrocchiale è formato
da cristiani che sono chiamati a vivere l’esperienza di fede e di
comunione ecclesiale nella reciprocità dei carismi e dei ministeri,
nella collaborazione e nel servizio.
Art. 2 - Finalità
Il consiglio pastorale parrocchiale promuove,
sostiene, coordina e verifica tutta l’attività pastorale della
parrocchia, al fine di suscitare la partecipazione attiva delle varie
componenti di essa nell’unica missione della Chiesa: evangelizzare,
santificare e servie l’uomo nella carità.
Art. 3 - Carattere consultivo
Il Consiglio pastorale ha carattere consultivo e
di servizio alla comunità parrocchiale. Con il “Consiglio” di
tutti i membri, esso è chiamato a porsi in ascolto del Signore che
guida la sua Chiesa, a leggere i segni dei tempi alla luce della
fede, a promuovere la comunione affettiva ed effettiva tra i membri
del popolo di Dio, nella reciprocità tra carismi e ministeri che lo
Spirito dona a ciascuno per il bene di tutti.
Art. 4 - Carattere rappresentativo
Il Consiglio pastorale parrocchiale ha carattere
rappresentativo. Esso esprime l’intera comunità parrocchiale.
Ciascuno membro, anche rappresentante di particolari realtà
ecclesiali, è chiamato a guardare alla vita della comunità nel suo
insieme; così ogni soggetto particolare diventa un dono per l’
edificazione dell’unica comunità.
Art. 5 - Membri
Il Consiglio pastorale parrocchiale è formato
da membri di diritto, membri eletti dalla comunità, membri cooptati
e membri nominati dal parrocco.
- Membri di diritto: il parroco, i sacerdoti
collaboratori, i diaconi, i rappresentanti delle comunità religiose
maschili e femminili presenti nella parrocchia, il presidente
parrocchiale dell’Azione Cattolica.
- Membri eletti dalla comunità: possono essere
eletti tutti i membri della comunità parrocchiale che abbiano
compiuto 18 anni di età e siano impegnati nella vita cristiana ed
ecclesiale.
- Membri cooptati (qualora non fossero già
stati eletti dalla comunità): i rappresentanti delle associazioni,
gruppi e movimenti ecclesiali presenti in parrocchia, un membro del
Consiglio per affari economici, un membro del Consiglio direttivo
delle realtà pastorali della parrocchia (Scuola materna, Centro
parrocchiale,
ecc.)......................................................................................................................................................
- Membri nominati: persone che il parroco
ritiene particolarmente rappresentative e utili per il Consiglio
pastorale e che non sono già elette dalla comunità.
Il numero dei membri non eletti non dovrà
superare il numero dei membri eletti dalla comunità parrocchiale.
Art. 6 - Religiosi e aggregazioni laicali
Le comunità religiose maschili e femminili, le
associazioni, i gruppi e i movimenti ecclesiali presenti in
parrocchia designano autonomamente il proprio rappresentante n
Consiglio pastorale e notificano il nominativo al parroco.
Art. 7 - Durata
Il Consiglio pastorale parrocchiale dura in
carica tre anni. Tutti i membri possono essere rieletti per un
massimo di tre mandati.
Art. 8 - Organi
Sono organi del Consiglio pastorale
parrocchiale:
- l’Assemblea del Consiglio pastorale
- il Consiglio di presidenza
- le eventuali commissioni
Art. 9 - Assemblea
L’ Assemblea del Consiglio si prende cura di
tutta la pastorale parrocchiale, cioè di tutto ciò che concerne la
vita e l’attività della comunità.
In particolare sarà suo compito tracciare un
piano organico della vita della comunità all’inizio dell’anno
pastorale, secondo le indicazioni del piano pastorale diocesano e
provvedere che i programmi delle singole realtà pastorali concordino
con il programma parrocchiale.
Art. 10 - Consiglio di presidenza
Il Consiglio di presidenza è formato dal
parrocco-presidente, da tre consiglieri designati dall’Assemblea e
dal Segretario. Tra i consiglieri uno viene scelto come
vice-presidente con l’incarico di moderatore delle assemblee.
Il Consiglio di presidenza ha il compito di
coadiuvare il parrocco-presidente nel predisporre l’ordine del
giorno, di convocare l’Assemblea, di dare attuazione alle
direttive, emerse dall’Assemblea stessa, di coordianre i lavori
delle eventuali commissioni.
Art. 11 - Presidente
Il parrocco presiede alla comunità parrocchiale
nella carità a nome del Vescovo e in comunione con presbiterio
diocesano. Egli pertanto è presidente del Consiglio pastorale. In
forza del ministero presbiteriale egli è chiamato a promuovere e
sostenere i carismi e i ministeri della comunità, a favorirne la
comunione con le altre parrocchie del vicariato, con la diocesi e con
la Chiesa universale.
Art. 12 - Commissioni
Le commissioni si formano tra i membri
dell’Assemblea, quando si ravvisa la necessità di approfondire
tematiche particolari o di seguire settori particolari della vita
parrocchiale. In questo caso occorre fare attenzione che esse non si
sovrappongano ai gruppi di servizio (cf art. 15). Le commissioni
hanno normalmente un carattere occasione; se è necessario le
commissioni possono invitare persone esterne per incontri
particolari.
Art. 13 - Segretario
Il segretario del Consiglio pastorale può
essere eletto dall’Assemblea oppure essere scelto dal presidente o
dal Consiglio di presidenza; di norma viene scelto tra i membri
dell’Assemblea. Egli ha il compito di curare quanto serve alla
convocazione e alla celebrazione delle assemblee, di stendere il
verbale delle riunioni.
Art. 14 - Convocazioni
Il Consiglio pastorale parrocchiale viene
convocato dal Consiglio di presidenza; esso si riunisce all’inizio
dell’anno pastorale (settembre) per la programmazione e alla fine
(giugno) per la verifica pastorale. Nel frattempo si riunisce ogni
due mesi circa; può essere convocato ogni qualvolta se ne ravvisi
l’opportunità.
Per raggiungere i suoi obiettivi il Consiglio
non assume in proprio le attività pastorali e formative, ma si
avvale sia dei gruppi di servizio, sia dei gruppi associativi
ecclesiali (cf art. 15).
Art. 15 - Gruppi
I gruppi di servizio sono quelli che,
all’interno della parrocchia, esprimono e realizzano un ministero
ecclesiale. Tali sono i catechisti, gli animatori della liturgia e
della carità. Essi realizzano, nei loro settori, la missione della
comunità secondo le indicazioni del Consiglio pastorale.
I gruppi associativi ecclesiali hanno invece una
funzione formativa; nella comunità cristiana, essi curano la
formazione alla vita cristiana, ecclesiale e apostolica secondo le
necessità e le caratteristiche
delle singole età o stati di vita, in sintonia
col Consiglio pastorale.
Il Consiglio pastorale pertanto promuove e
sostiene la vita dei gruppi sia associativi che di servizio,
favorisce la comunione tra di loro e con tutta la comunità
parrocchiale.
Art. 16 - Presenze
I membri del Consiglio pastorale parrocchiale si
faranno dovere di essere presenti a tutti gli incontri; in caso di
impedimento dovranno avvertire il segretario o il parrocco per
giustificare l’assenza. L’assenza immotivata a tre incontri
consecutivi fa decadere l’interessato.
Art. 17 - Sostituzioni
Un membro eletto dimissionario o decaduto viene
sostituito dal primo dei non-eletti. I rappresentanti delle comunità
religiose e delle aggregazioni laicali ecclesiali sono sostituiti dai
propri responsabili, previo avviso al parroco.
Art. 18 - Cessazione
In caso di dimissioni o decadenza contemporanea
della maggioranza dei membri, il parroco indice nuove elezioni. In
caso di cambiamento del parrocco il Consiglio pastorale decade in
attesa di decisioni del nuovo parroco.
Art. 19 - Scadenza
Approssimandosi il termine del mandato il
Consiglio di presidenza predispone quanto è necessario per
l’elezione del nuovo Consiglio.
Art. 20 - Documentazione
Di ogni riunione viene redatto il verbale,
firmato dal parroco e dal segretario; esso verrà letto all’inizio
della successiva riunione. I verbali saranno poi raccolti in apposito
registro e conservati nell’archivio parrocchiale. E’ doveroso
informare ogni volta la comunità parrocchiale dei lavori e degli
orientamenti del Consiglio pastorale.
Art. 21 - Coordinamento vicariale
Il parrocco-presidente e il vice-presidente del
Consiglio pastorale parrocchiale fanno parte del Coordinamento
pastorale vicariale. Esso coordina l’attività pastorale delle
parrocchie su linee comuni, secondo le caratteristiche e le necessità
del territorio.
Il Coordinamento pastorale vicariale promuove il
Centro vicariale di formazione per la preparazione dei membri dei
Consigli parrocchiali.
Art. 22 - Regolamento
Secondo l’opportunità ciascuna parrocchia può
provvedere un regolamento che stabilisca le modalità per la
costituzione del Consiglio pastorale, per la celebrazione delle
assemblee ed altre particolarità.
LUOGO
DI
ASPOSTOLATO
COMUNITARIO
c’è
il diritto e il dovere
di
esercitare i carismi
per
edificare la Chiesa.
E c’è un luogo
dove l’apostolato
diventa comunitario:
la parrocchia.
Qui infatti
tutte le diversità
si fondono
e vengono inserite
nell’universalità
della Chiesa.
In parrocchia, dunque
i
laici possono fare
esperienza
di evangelizzazione
e di comunione.
Concilio Vatinca II
Apostolicam
actuositatem,
3 e 10
L’apostolato si esercita nella fede, nella
speranza e nella carità: virtù che lo Spirito Santo diffonde nel
cuore di tutti i membri della Chiesa.
Anzi, in forza del precetto della carità, che è
il più grande comando del Signore, ogni cristiano è sollecitato a
procurare la gloria di Dio con l’avvento del suo regno e la vita
eterna a tutti gli uomini; perchè conoscano l’unico vero Dio e
colui che gli mandato, Gesù Cristo (cfr. Gv 17,3).
A tutti i cristiani quindi è imposto il nobile
impegno di lavorare affinchè il divino messaggio della salvezza sia
conosciuto e accettato da tutti gli uomini, su tutta la terra.
Per l’esercizio di tale apostolato lo Spirito
Santo, che già opera la santificazione del Popolo di Dio per mezzo
del mistero e dei sacramenti, elargisce ai fedeli anche dei doni
particolari (cfr. 1 Cor 12,7) “distribuendoli a ciascuno come
vuole” (1 Cor 12,11), affinchè mettendo “ciascuno a servizio
degli altri il suo dono al fine per cui l’ha ricevuto”,
contribuiscano anche essi “come buoni dispensatori delle diverse
grazie ricevute da Dio” (1 Pt 4,10) alla edificazione di tutto il
corpo nella carità (cfr. Ef 4,16).
Dell’aver ricevuto questi carismi, anche i più
semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di
esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa,
sia nella Chiesa che nel mondo, con la libertà dello Spirito, il
quale “spira dove vuole” (Io 3,8) e al tempo stesso alla
comunione dei fratelli in Cristo, soprattutto con i proprio pastori,
che hanno il compito di giudicare sulla loro genuinità e uso
ordinato, non certo per estinguere lo Spirito, ma per esaminare tutto
e ritenere ciò che è buono (cfr. 1 Ts 5,12-19,21).
10. Come partecipi della missione di Cristo
sacerdote, profeta e re, i laici hanno la loro parte attiva nella
vita e nell’azione della Chiesa. All’interno delle comunità
della Chiesa la loro azione è talmente necessaria che senza di essa
lo stesso apostolato dei pastori non può per lo più raggiungere la
sua piena efficacia. Infatti i laici che hanno davvero spirito
apostolico, ad esempio di quegli uomini e di quelle donne che
aiutavano Paolo nella diffusione del Vangelo (cfr. At 18,18-26; Rm
16,3) suppliscono a quello che manca ai loro fratelli e danno ristoro
all’animo sia dei pastori sia degli altri membri del popolo fedele
(cfr. 1 Cor 16,17-18). Nutriti dall’attiva partecipazione alla vita
liturgica della propria comunità, partecipano con sollecitudine alle
opere apostoliche della medesima; conducono alla Chiesa gli uomini
che forse ne vivono lontani; cooperano con dedizione generosa nel
comuncare la Parola di Dio, specialmente mediante l’insegnamento
del catechismo; mettendo a disposizione la loro competenza rendono
più efficace la cura delle anime ed anche l’amministrazione dei
beni della Chiesa.
La parrocchia offre un luminoso esempio di
apostolato comunitario,
fondendo insieme tutte le differenze umane che vi si trovano e
inserendole nell’universalità della Chiesa. Si abituino i laici ad
agire, nella parrocchia, in intima unione con i loro sacerdoti;
apportino alla comunità della Chiesa i propri problemi e quelli del
mondo e le questioni spettanti la salvezza degli uomini, perchè
siano esaminati e risolti con il concorso di tutti; diano, secondo le
proprie possibilità, il loro contributo a ogni iniziativa apostolica
e missionaria della propria famiglia ecclesiastica.
Coltivino costantemente il senso della diocesi,
di cui la parrocchia è come una cellula, pronti sempre, all’invito
del loro pastore, ad unire le proprie forze alle iniziative
diocesane. Anzi per venire incontro alle necessità della città e
delle zone rurali non limitano la propria cooperazione entro i
confini della parrocchia e della diocesi, ma procurino di allargarla
nell’ambito interparrocchiale, interdiocesano, nazionale o
internazionale, tanto più che il crescente spostamento delle
popolazioni, lo sviluppo delle mutue relazioni, la facilità delle
comunicazioni, non consentono più ad alcuna parte della società di
rimanere chiusa in se stessa. Così abbiano a cuore tutte le
necessità del popolo di Dio sparso su tutta la terra. Anzitutto
facciano proprie le opere missionarie fornendo aiuti materiali o
anche personali. E’ infatti un dovere e un onore per i cristiani
restituire a Dio parte dei beni da lui ricevuti.
LA PARROCCHIA
la parrocchia; sfugge a qualsiasi
criterio abituale.
Essa è comprensibile solo come realtà
teologica, come opera di Dio.
Cuore e cardine della parrocchia
è la comunione ecclesiale
che si esprime attraverso
un rapporto organico tra i sacerdoti e i fedeli.
26. La comunione ecclesiale, puer avendo sempre
una dimensione universale, trova la sua espressione più immediata e
visibile nella parrocchia: essa è l’ultima localizzazione della
Chiesa, è in un certo senso la Chiesa stessa che vive in mezzo alle
case dei suoi figli e delle sue figlie.
E’ necessario che tutti riscopriamo, nella
fede, il vero volto della parrocchia, ossia il “mistero” stesso
della Chiesa presente e operante in essa: anche se a volte povera di
persone e di mezzi, anche se altre volte dispersa su territori quanto
mai vasti o quasi introvabili all’interno di popolosi e caotici
quartieri moderni, la parrocchia non è principalmente una struttura,
un terriorio, un edificio; è piuttosto “la famiglia di Dio, come
una fraternità animata dallo spirirto d’unità”, è “una casa
di famiglia, fraterna ed accogliente”, è la “comunità di
fedeli”. In definitiva, la parrocchia è fondata su di una realtà
teologica, perchè essa è una comunità eucaristica. Ciò significa
che essa è una comunità idonea a celebrare l’Eucarestia, nella
quale stanno la radice viva del suo edificarsi e il vincolo
sacramentale del suo essere in piena comunione con tutta la Chiesa.
Tale idoneità si radica nel fatto che la parrocchia è una comunità
di fede e una comunità organica, ossia costituita da ministri
ordinati e dagli altri cristiani, nella quale il parroco - che
rappresenta il Vescovo diocesano - è il vincolo gerarchico con tutta
la Chiesa particolare.
L’IMPEGNO APOSTOLICO NELLA PARROCCHIA
Un’idea dal Concilio: la parrocchia esempio
di apostolato comunitario. Urgente quindi la collaborazione tra
sacerdoti e laici. La parrocchia cresce con il concorso di tutti; per
questo si richiede una valorizzazione ampia e decisa del Consiglio
pastorale parrocchiale.
La parrocchia convoca tutti, come
co-protagonisti nella missione della Chiesa.
27. E’ necessario ora considerare più da
vicino la comunione e la partecipazione dei fedeli laici alla vita
della parrocchia. In tal senso è da richiamarsi l’attenzione di
tutti i fedeli laici, uomini e donne, su di una parola tanto vera,
significativa e stimolante del Concilio: “All’interno delle
comunità della Chiesa - leggiamo nel Decreto sull’apostolato dei
laici - la loro azione è talmente necessaria che senza di essa lo
stesso apostolato dei pastori non può per lo più raggiungere la sua
piena efficacia”. E’, questa, un’affermazione radicale, che
dev’essere evidentemente intesa nella luce dell “ecclesiologia di
comunione”: essendo diversi e complementari, i misteri e i carismi
sono tutti necessati alla crescita della Chiesa, ciascuno secondo la
propria modalità.
I fedeli laici devono essere sempre più
convinti del particolare significato che assume l’impegno
apostolico nella loro parrocchia. E’ ancora il Concilio a rilevarlo
autorevolmente: “La parrocchia offre un luminoso esempio di
apostolato comunitario, fondendo insieme tutte le differenze umane
che vi si trovano e inserendole nell’università della Chiesa. Si
abituino i laici a lavorare nella parrocchia intimamente uniti ai
loro sacerdoti, ad esporre alla comunità della Chiesa i proprio
problemi e quelli del mondo e le questioni che riguardano la salvezza
degli uomini, perchè siano esaminati e risolti con il concorso di
tutti; a dare, secondo le proprie possibilità, il loro contributo ad
ogni iniziativa apostolica e missionaria della propria famiglia
ecclesiastica”.
L’accenno conciliare all’esame e alla
risoluzione dei problemi pastorali “con il concorso di tutti”
deve trovare il suo adeguato e strutturato sviluppo nella
valorizzazione più convinta, ampia e decisa dei Consigli pastorali
parrocchiali, sui quali hanno giustamente insistito i Padri sinodali.
Nelle circostanze attuali i fedeli laici possono
e devono fare moltissimo per la crescita di un’autentica comunione
ecclesiale all’interno delle loro parrocchie e per ridestare lo
slancio missionario verso i non credenti e verso gli stessi credenti
che hanno abbandonato o affievolito la pratica della vita cristina.
Se la parrocchia è la Chiesa posta in mezzo
alle case degli uomini, essa vive e opera profondamente inserita
nella società umana e intimamente solidale con le sue aspirazioni e
i suoi drammi. Spesso il contesto sociale, soprattutto in certi paesi
e ambienti, è violentemente scosso da forze di disgregazione e di
disumanizzazione: l’uomo è smarrito e disorientato, ma nel cuore
gli rimane sempre più il desiderio di poter sperimentare e coltivare
rapporti più fraterni e più umani.
La risposta a tale desiderio può venire dalla
parrocchia, quando questa, con la viva partecipazione dei fedeli
laici, rimane coerente alla sua originaria vocazione e missione:
essere nel mondo “luogo” della comunione dei credenti e insieme
“segno” e “strumento” della vocazione di tutti alla
comunione; in una parola, essere la sua casa aperta a tutti e al
servizio di tutti o, come amava dire il papa Giovanni XXIII, la
fontana del villaggio alla quale tutti ricorrono per la loro sete.
28. I fedeli laici, unitamente ai sacerdoti, ai
religiosi e alle religiose, formano l’unico Popolo di Dio e corpo
di Cristo.
L’essere “membri” della Chiesa nulla
toglie al fatto che ciascun cristiano sia un essere “unico e
irripetibile”, bensì garantisce e promuove il senso più profondo
della sua unicità e irripetibilità, in quanto fonte di varietà e
di ricchezza per l’intera Chiesa. In tal senso Dio in Gesù Cristo
chiama ciascuno col proprio inconfondibile nome. L’appello del
Signore: “Andate anche voi nella mia vigna” si rivolge a ciascuno
personalmente e suona: “Vieni anche tu nella mia vigna!”
RIFARE CON L’AMORE IL TESSUTO CRISTIANO DELLA
COMUNITA’ ECCLESIALE
L’”antristrappo” nella parrocchia resta
il vangelo della Carità. La prima testimonianza che la comunità
cristiana rende al mondo è la fraternità di cui vive.
Ognuno è responsabile. I laici, uomini e
donne al fiando di vescovi, presbiteri e religiosi, sono impegnati in
prima persona a edificare la comunità nell’amore di Cristo.
Conferenza episcopale italiana
Evangelizzazione e testimonianza della
carità, n. 26
26. L’evangelizzazione e la testimonianza
della carità esigono oggi, come primo passo da compiere, la crescita
di una comunità cristiana che manifesti in se stessa, con la vita e
le opere, il vangelo della Carità. E’ vero, infatti, che sentiamo
urgente rivitalizzare il tessuto sociale del nostro paese, con lo
sguardo rivolto a tutta l’umanità: ma ciò ha come condizione “che
si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali”.
Se il sale diventa insipido, con che cosa infatti lo si potrà
rendere salato? (Mt 5,13). La rievangelizzazione delle nostre
comunità è, in questo senso, una dimensione permanente e
prioritaria della vita cristiana nel nostro tempo. Del resto la
carità, prima di definire l’”agire” della Chiesa, ne definisce
l’”essere” profondo.
Ciascuno, secondo il proprio ministero e il dono
dello Spirito ricevuto, deve sentirsi impegnato in prima persona a
edificare la comunità nell’amore di Cristo, partecipando con piena
responsabilità alla sua vita e alla sua missione: noi vescovi,
presidenti della cairtà nelle Chiese particolari che si cono
affidate, in intima comunione con la cattedra di Pietro che presiede
all’assemblea universale della carità; i sacerdoti,
corresponsabili della nostra carità pastorale e chiamati a crescere
nella fraternità e nella comunione di vita per essere vincolo in
unità del popolo di Dio, e i diaconi, segno della Chiesa che serve
in mezzo ai fratelli, al cammino dei quali intendiamo offrire
speciale attenzione nei prossimi anni; i religiosi e le religiose,
scelti dal Cristo per far risplendere agli occhi di tutti la comune
vocazione alla “perfezione della cairtà”; i fedeli laici, che
fanno del comandamento nuovo di Cristo “la legge della
trasformazione del mondo”, ele donne in particolare: fin
dall’origine della Chiesa esse sono state partecipi e protagoniste
nei vari campi di aspostolato; oggi il loro contributo alla missione
della Chiesa diviene ancora più nesessario e prezioso, “di fronte
all’urgenza di una “nuova evalgelizzazione” e di una maggiore
“umanizzazione” delle relazioni sociali”.
LA CARITA’ ANIMA DI UNA PASTORALE VIVA E
UNITARIA
La ricchezza delle Chiese locali, e quindi
delle parrocchie, sta nella molteplicità e varietà delle presenze.
Primo impegno di valorizzazione è coglierne lo specifico e
promuovere la collaborazione. Punto di verifica per queste è la
volontà fattiva di convergere e porsi al servizio nella Comunità
diocesana e parrocchiale.
Conferenza episcopale italiana
Evangelizzazione e testimonianza della
carità, n. 29
29. La vita della nostra Chiesa è arricchita
oggi, per dono del Signore, da molteplici realtà che operano con
efficacia nel campo dell’evangelizzazione e della testimonianza
della carità. Ogni sofrzo resterebbe però vano se non convergesse
nell’impegno di edificare insiema la Chiesa e di cooperare insieme
alla sua missione. La pastorale diocesana deve essere dunque oganica
e unitaria “sotto la guida del vescovo:: di modo che tutte le
iniziative e attività di carattere catechistico, missionario,
sociale, familiare, scolastico e ongi altro lavoro mirante ai fini
pastorali debbono tendere a un’azione concorde dalla quale sia resa
ancora più palese l’unità della diocesi”. Ciò è poissibile
se tutto il popolo di Dio e in esso i vari soggetti ecclesiali si
impegnano a crescere in uno spirito di comunione e a operare secondo
comuni orientamenti, a servizio della Chiesa e della sua missione.
In concreto, la presenza e l’azione apostolica
di tanti regliosi e religiose che operano nelle nostre Chiese
particolari è una grande ricchezza che va più efficacemente
riconosciuta e valorizzata, nei compiti specifici che discendono dai
loto propri carismi. L’inserimento organico degli istituti
religiosi nel tessuto vivo della pastorale della Chiesa particolare
rappresenta un contributo insostituibile per rendere operosa e
feconda l’azione della Chiesa, ma anche per richiamare tutta la
comunità a quei valori di santità, di preghiera e di
contemplazione, di servizio generoso e totale che la consacrazione
religiosa esprime.
Anche la moteplicità e varietà di
associazioni, movimenti e gruppi, che caratterizza oggi il laicato
organizzato, costituisce un grande dono dello Spirito. Essi portano
un contributo originale alla vita e alla missione della Chiesa nel
nostro tempo, con la loro ricca spiritualità, il forte radicamento
evangelico, la freschezza e novità di slancio missionario negli
ambienti di lavoro, di studio e di partecipazione socciale. La Chiese
particolari e le parrocchie, riconoscendo il valore di queste
esperienze, ne promuoveranno la crescita in spirito di vera
comunione. Per parte loro è necessario che le nuove realtà
ecclesiali si mettano sempre più a servizio della comunità, se ne
sentano parte viva e ricerchino in ogni modo l’unità, anche
pastorale, con la Chiesa particolare e con la parrocchia. Uno
speciale incoraggiamento rivolgiamo all’Azione cattolica,
particolarmente chiamata a promuovere la pastorale diocesana e
parrocchiale, secondo il carisma in diretta collaborazione con i
pastori.
CAMMINARE NELLA COMUNIONE
Una parrocchia unita al suo interno è una
parrocchia legata all’esperienza quotidiana della gente. Essa ama e
accoglie la gente così com’è. Lo Spirito non fa mancare i suoi
doni per sostenere l’annuncio del Vangelo. I presbiteri hanno la
responsabilità di valorizzare e di conservare la comunione con la
Chiesa diocesana.
Conferenza episcopale triveneta
La croce di Aquileia, n. 7-9
7. Il cammino nella fede diventa cammino nella
comunione, quando si realizza tra noi la testimonianza della 1^
Lettera di Giovanni: “Quello che abbiamo veduto e udito, noi lo
annunciamo a voi, perchè anche voi siate in comunione con noi. La
nostra comunione è con Padre e con Figlio suo Gesù Cristo” (1,3).
In tal modo si compie anche la preghiera di Gesù: “Come tu, Padre,
sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una sola cosa, perchè
il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv. 17,21). Ancor prima
della testimonianza dei singoli cristiani, ogni evangelizzazione
dipende dalla testimonianaza della comunità, unita nella comunione.
Solo così la Chiesa è immagine della Trinità e casa accogliente
per coloro che vorranno entrare in essa e rimaervi come in famiglia.
L’esperienza quotidiana della comunione trova il suo luogo primario
nella parrocchia. Grazie alla profonda intimità con il Signore
alimentata nella celebrazione domenicale, essa crescerà come
comunità aperta, accogliente e solidale, come “casa di Dio fra le
case degli uomini”. (cfr. Cei, Comunione e comunità, n. 42),
inserita nel vivo dell’esperienza quotidiana della gente, con
un’azione pastorale adeguata alla situazione e ai bisogni di
ciascuna comunità umana. Al pari di Dio che ci ama così come siamo,
la parrocchia saprà amare la gente così com’è, e potrà dare
segni comprensibili e credibili del Vangelo che annuncia.
La stessa comunione che si radica
nell’Eucaristia chiama poi le comunità parrocchiali ad abbattere i
muri del campanilismo, a superare la presunta autosufficienza e la
chiusura a nuove forme pastorali, a crescere nella reciproca
solidarietà. L’urgenza della comunione e la complessità dei
problemi da affrontare rendono sempre più decisiva la collaborazione
delle parrocchie nel vicariato, che diventa la prima tappa del
cammino da compiere insieme nella Chiesa diocesana.
Ci rivogliamo quindi, soprattutto ai presbiteri
delle nostre Chiese, perchè ritengano proprio compito primario il
riconoscimento e la valorizzazione dei doni che lo Spirito
distribuisce ai credenti nell’unica comunione e per l’unica
missione: sarà questo il fondamento anche di una pastorale
vocazionale che, in funzione e sulla base della chiamata rivolta a
ogni credente, sappia proporre e sostenere in modo specifico le
vocazioni al ministero presbiteriale e alla vita consacrata. Ai
nostri fratelli presbiteri chiediamo anche di essere il legame
vivente che inserisce ogni comunità cristiana nell’unica Chieda
del Signore. Essi rendono presente ovunque il servizio del Vescovo e
sono mandati per aprire la comunità alla comunione reciproca, fino a
farle sentire, attraverso la Chiesa diocesana, membra vive della
Chiesa universale.
COI SEGNI CONCRETI DELL’UNITA’ E DELLA
ACCOGLIENZA
Carta vincente della parrocchia è la sua
concretezza e il suo essere in mezzo alla gente. E’ necessario
rivitalizzarla secondo i principi dell’unità, corresponsabilità,
accoglienza e solidarietà. Potenziare i Consigli pastorali
parrocchiali luoghi di educazione e di partecipazione alla comunione
e alla visibilità della Chiesa.
Conferenza episcopale triveneta
La croce di Aquileia, n. 12c
12 c) La parroccia stessa, in terzo luogo,
richiede di essere rivitalizzata per rispondere maggiormente al suo
carattere di segno e strumento contreto e locale dell’uomo con Dio
e con i fratelli. Essa, corpo unico con la diocesi di cui è
espressione, da sempre nelle nostre regioni è l’asse portante
della pastorale: “Nel territorio si confermi il ruolo
insostituibile delle parrocchie, affinche siano sempre più ricche di
iniziative di carattere sociale, ma soprattutto dell’insostituibile
ministero della parola “ (Lettera di Giovanni Paolo II al
Card.M..C’è).
Ma prima ancora è indispensabile che la
comunità parrocchiale diventi segno visibile e credibile del
Vangelo, mediante la testimonianza dell’unità e della
corresponsabilità, dell’accoglienza e della solidarietà. Al pari
di Dio che ci ama così come siamo, anche la comunità parrocchiale è
chiamata ad amare la gente così com’è. Perchè la parrocchia
possa continuare ad essere il punto di riferimento per i cristiani è
necessario che vengano potenziati in particolare i Consigli pastorali
parrocchiali, luoghi di educazione e di partecipazione alla comunione
e alla visibilità della Chiesa.
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